13/10/21
Il giro del mondo delle pari (?) opportunità

Quello delle pari opportunità è ormai un tema centrale quasi ovunque nel mondo. Ogni paese però è a uno stadio diverso rispetto alla presa di coscienza dell’importanza della tematica e per questo la gestisce anche in maniera diversa. Per scoprire le sfaccettature nell’affrontare la parità di genere a livello internazionale, facciamo un giro del mondo, non in 80 giorni, ma in qualche paragrafo.

 

Sud America

Il Sud America è un paese dove il tema dei diritti delle donne è secondario. Non solo, è un paese dove spesso la violenza non viene condannata. Secondo l’UN Woman, dei 25 paesi che hanno il più alto tasso di femminicidi al mondo, 14 sono in America Latin

In alcune regioni, la violenza domestica è una realtà per il 50% delle famiglie. Secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, in America Latina ci sono 160 mila casi di violenze all’anno; una media di 500 casi al giorno. E sono tante ancora le donne che subiscono senza denunciare, perché si sentono abbandonate dallo stato e parte di una cultura ancora troppo patriarcale.

Inoltre, tanti Stati dell’America Latina sono tra i più poveri al mondo, e la povertà conduce a una difficoltà di accesso a tutti i diritti fondamentali dell’essere umano, tra cui soprattutto quello dell’istruzione, che rappresenta uno degli strumenti più importanti per sradicare le cause di discriminazione e violenza.

 

Africa

L’Africa, e in particolare quella sub-sahariana, viene considerata una delle aree più critiche per quanto riguarda la parità di genere.

Secondo un report dell’Unesco, in ambito educativo, nonostante notevoli differenze regionali, nel continente si trovano 13 dei 15 paesi dove la percentuale di bambine escluse dall’educazione primaria è superiore al 30%, con una media del 23% e punte del 72% in Sud Sudan.

Nonostante le percentuali ancora da migliorare però, l’Africa subsahariana ha visto il più importante progresso a livello mondiale, con una crescita del 50% nella partecipazione femminile all’istruzione rispetto al 1970.

Per quanto riguarda l’ambito lavorativo, secondo il rapporto del McKinsey Global Institute “The power of parity: Advancing women’s equality in Africa”, le donne costituiscono il 43% di coloro che si laureano in ambiti legati al settore terziario, ma occupano appena il 28% dei posti di lavoro.

Inoltre, secondo la Banca Mondiale, nell’Africa subsahariana le donne a capo di piccole e medie imprese guadagnano il 34% in meno rispetto agli uomini. Per quanto riguarda invece le posizioni di vertice, l’Africa vanta un primato: la più alta quota al mondo di donne facenti parte di consigli di amministrazione.

 

Asia

L’Asia centrale, orientale, meridionale e il Sud-Est asiatico sono caratterizzati da realtà molto differenti tra loro, per ragioni etniche, religiose, politiche.

Nelle regioni dell’Asia centrale e meridionale, la situazione è ancora poco sviluppata per quanto riguarda la parità di genere. In Afghanistan, ad esempio, a partire dalla fine del ‘900, le donne hanno lottato per ottenere le minime libertà individuali e per una riforma della società dominata dal genere maschile, ma tuttora la violenza contro le donne è molto alta. In Kazakistan, le autorità governative auspicano la creazione di un’economia in cui la madre può lavorare a casa e occuparsi della famiglia.

In Asia meridionale, molte donne continuano a subire stupri, violenze domestiche, prostituzione, matrimoni forzati e sono vittime del traffico di essere umani. Negli ultimi cinque anni, questi crimini sono aumentati e si calcola siano morte 40 mila donne, soprattutto indiane.

Nelle regioni dell’Asia orientale e Sud-Est asiatico come la Cina, il Giappone, Hong Kong, la Corea del Sud, la Corea del Nord, il Vietnam, la Cambogia, l’Indonesia, Taiwan – società fortemente maschiliste – la condizione delle donne è mutata soprattutto dopo la Seconda guerra mondiale, grazie allo sviluppo economico crescente dell’area.

Le donne hanno lottato per raggiungere pari opportunità occupazionali, indipendenza economica, diritto di voto, possibilità di accedere ad alti gradi d’istruzione ed eliminare la violenza domestica e sessuale. Nonostante queste innumerevoli riforme e prove di uguaglianza, lo status delle donne si basa essenzialmente ancora sulle tradizioni e punti di vista patriarcali propri della struttura sociale.

 

Australia

L’Australia affronta la questione in maniera sicuramente originale, bloccando gli autori di violenza domestica all’ingresso del paese. Infatti, il paese ha recentemente ampliato una legge sull’immigrazione per impedire a qualsiasi persona che sia stata condannata per violenza domestica in qualsiasi parte del mondo di ottenere un visto per entrare. Il divieto si applica a tutti i visitatori o residenti stranieri che sono stati riconosciuti colpevoli di violenza contro donne o bambini. Anche i condannati per violenza domestica che hanno già il visto e vivono in Australia possono essere mandati via.

“L’Australia non ha alcuna tolleranza per gli autori di violenze contro donne e bambini”, ha detto il ministro federale per l’immigrazione, la cittadinanza e gli affari multiculturali David Coleman. “Il messaggio è chiaro: se sei stato condannato per un crimine violento contro donne o bambini, non sei il benvenuto in questo paese, ovunque sia avvenuto il reato, qualunque sia la sentenza”.

 

Nord America

Il Nord America, con un gap del 72,9%, si classifica come la seconda area al mondo, dopo l’Europa Occidentale, con il divario di genere più basso.

Da un lato, i progressi da fare sono ancora molti. Per citare alcune statistiche, le donne occupano appena il 14% dei seggi al Congresso; 492 delle 500 maggiori società americane sono amministrate da uomini; delle 21 più prestigiose università degli Stati Uniti, solo 3 sono dirette da donne; se un uomo guadagna 1 dollaro, una donna guadagna 76 centesimi, il che comporta, nel corso della vita, una perdita rispetto all’altro sesso di 650.133 dollari.

Dall’altro, tuttavia, gli Stati Uniti restano il Paese delle possibilità, il Paese dove, nel 2017, nasce il movimento #MeToo, che ha dato il via a una serie di denunce (e provvedimenti conseguenti) da parte di donne rispetto a situazioni che fino ad allora si tenevano dentro, il Paese dove la Vice Presidente degli Stati Uniti è una donna afroamericana, il Paese dove una deputata giovane come Ocasio-Cortez interviene in Congresso facendo un discorso incentrato sull’insulto sessista ricevuto da un collega.

Insomma, un paese dove la maggior parte delle donne si sostengono e non si fanno mettere i piedi in testa.

 

Europa

L’Europa è considerata il continente più all’avanguardia per quanto riguarda il raggiungimento della parità di genere. Secondo la Banca Mondiale, solamente in sei Paesi nel mondo uomini e donne hanno pari diritti, e tutti e sei si trovano in Europa: sono Belgio, Danimarca, Francia, Lettonia, Lussemburgo e Svezia.

Per l’Unione Europea, la Gender Equality è un obiettivo prioritario e la strategia che ne deriva mette in campo azioni concrete per fare passi avanti significativi a livello di partecipazione politica, assunzioni, stipendi e promozioni, supporto nella cura familiare.

Anche l’Italia, pur avendo ancora tanta strada da fare, riflette in qualche modo il cambiamento significativo avvenuto in tutta Europa negli ultimi anni: lo European Institute for Gender Equality sottolinea come il percorso italiano verso l’uguaglianza di genere stia andando a un ritmo più veloce rispetto agli altri paesi europei, avendo il Gender Equality Index guadagnato 8 posizioni dal 2010 al 2020. Nello specifico, due numeri risaltano agli occhi, uno negativo e uno positivo:

  1. l’Ue assegna al paese la valutazione più bassa riguardo la parità tra uomo e donna nel mondo del lavoro, a soli 63 punti su 100, contro i 72 punti su 100 dell’Europa;
  2. In ambito salute invece (stato di salute degli individui e possibilità di accesso ai servizi sanitari), vengono riconosciuti al paese 88,4 punti su 100, rispetto alla media europea di 88 su 100.

La Formazione come soluzione

Ogni area del mondo ha priorità distinte per quanto riguarda la lotta alla violenza di genere e il raggiungimento della parità. Sebbene sia un tema discusso ovunque, si distinguono quelle regioni in cui bisogna ancora sconfiggere gli aspetti più dolorosi della questione (come il Sud-America, l’Africa e alcuni paesi dell’Asia) dalle regioni in cui si è giunti alla consapevolezza della parità ma bisogna trasformarla in realtà a tutto tondo.

In entrambi i casi, gli esperti spesso suggeriscono di investire nella scuola, che costituisce un terreno fertile dove seminare per un mondo futuro più equo e ricco. Secondo la Bank of America, ogni dollaro impegnato in programmi educativi per le ragazze ne restituisce cinque alla comunità. Investire un dollaro in programmi che le aiutino, una volta adulte, a generare reddito invece ne porta sette. Ogni anno di scuola liceale che una ragazza può frequentare le porterà il 18% in più in termini di potere di guadagno futuro.

La formazione sembra essere quindi una soluzione che a 360° potrebbe generare risultati positivi, ma non senza che sia affiancata da leggi e regolamentazioni, attività di sensibilizzazione e una presa in carico della questione da parte di tutti, uomini e donne che siano.

Scarica l’app ufficiale!
Rivedi quando vuoi i nostri #Talk con i protagonisti della lotta alla violenza di genere