Formazione significa cambiamento

Cos’è la violenza di genere? Basta leggere una definizione trovata su qualche libro? È sufficiente una ricerca su Google? Probabilmente no. Non è semplice dare una risposta univoca alla domanda. Forse perché non c’è una risposta unica, ognuno si rapporta alla tematica in maniera diversa, attraverso pensieri, emozioni, esperienze, racconti. È sicuramente una malattia ancora troppo silenziosa e ancora troppo presente nella nostra società. La vera difficoltà nello sconfiggerla è che la si trova nella quotidianità, laddove non ci sono grandi esperti, giornalisti o mass media che la raccontano, ma persone “comuni” che la alimentano o la subiscono.

Per fare ulteriori passi avanti e farli più velocemente, occorre che la responsabilità venga percepita come “di tutti”: ogni persona, donna o uomo che sia, deve sentirsi chiamata in causa. Solo così la struttura della cultura basata su questo stereotipo potrà finalmente dirsi superata.

Se è possibile trovare piccole dosi di disparità in ogni sfera, in ognuna di esse dovrebbe essere introdotto l’antidoto: a scuola, al lavoro, nelle comunità, nelle famiglie. Ognuno di questi ambienti necessità di approcci differenti e cuciti ad hoc per far comprendere ai suoi protagonisti quanto ancora c’è da fare.

 

A scuola e nelle comunità

I ragazzi passano circa il 53% delle loro giornate a scuola, e instaurano relazioni con coloro che considerano loro pari. I bambini risultano ancora privi di pregiudizi e pensieri propri, ed è per questo che la scuola può fare molto nel sensibilizzarli alla tematica. I bambini, inoltre, assorbono molto velocemente nozioni e concetti, che diventeranno poi i valori con cui costruire le fondamenta di ciò che saranno da adulti: far incontrare le loro menti con il concetto di “parità” significa far evolvere e crescere la società.

Oratori, centri ludici e sportivi: anche qui le giovani generazioni trascorrono molto del loro tempo. Le figure che gestiscono questi luoghi, i preti negli oratori, gli educatori nei centri ludici, i coach nei centri sportivi, possono e devono educare anche rispetto alla tematica della parità di genere.

Per poter far in modo che le iniziative risultino efficaci, occorre che vi siano anche professionisti a gestire gli interventi di tanto in tanto: psicologi, avvocati, sociologi. Secondo l’Associazione Differenza Donna, l’approccio più efficace pone al centro delle attività del gruppo-classe la “relazione” tra pari e tra generazioni. Vengono predilette metodologie innovative, basate sui Life skills (come la creatività, l’empatia, il senso critico, l’autoconsapevolezza, le capacità relazionali, la gestione dello stress, etc.).

 

In famiglia

Dove se non nel luogo in cui un bambino/adolescente si sente a casa e al sicuro la parità di genere e l’importanza del considerare la figura della donna al pari di quella dell’uomo in ogni ambito possono trovare terreno fertile per crescere? La fiducia incontrastata nella propria famiglia rappresenta fonte imprescindibile di educazione ed emulazione. Frequentemente però, le famiglie, pur condividendo gli ideali di parità, non sono consce di quanto sia cruciale parlarne e condividerne l’importanza. Per questo, bisognerebbe renderle consapevoli della centralità del tema, magari in momenti di apprendimento condivisi, come i corsi preparto.

Secondo Iain Ryan e Elliot Turiel, due psicologi americani, il ruolo dei genitori e la comunicazione familiare è fondamentale per la crescita dei figli, per quanto riguarda il sostegno percepito, le norme di comportamento trasmesse, la possibilità di migliorare la competenza sociale, la collaborazione e l’autonomia. Se ciascuno di questi concetti includesse quello della parità di genere, i ragazzi crescerebbero con quel valore che poi ne orienterebbe le scelte da adulti.

 

Al lavoro

Combattere sul, e per, il luogo di lavoro. Le statistiche riguardo alle carriere professionali delle donne parlano chiaro: basso tasso di occupazione (in Italia lavora meno di 1 donna su 2), alta percentuale di contratti part time (49,8%), elevata differenza salariale (stimata del 5,6% dal World Economic Forum) mancata possibilità di carriera (solo il 28% dei manager è donna, fa peggio in Europa solo Cipro) e scarso accesso a formazioni Stem (il 16% delle donne contro il 34% degli uomini).

Il cambiamento deve provenire dal luogo di lavoro stesso, con corsi, iniziative di sensibilizzazione, maggiore flessibilità durante la maternità; ma anche dalla vita privata: come affermato da Nicola Saldutti, giornalista del Corriere della Sera e ospite di un nostro talk, citando uno studio dell’ISTAT, durante la pandemia, su 100mila posti di lavoro persi, 90mila hanno riguardato le donne. Questo perché le donne si sono fatte carico non solo del lavoro che svolgevano, ma anche della cura familiare (circa il 74% in carico alle donne) e quando la crisi ha morso sono le prime ad essere cadute. Per questo ci vuole maggiore disponibilità da parte degli uomini, in questo caso, nella co-gestione della vita privata di coppia e familiare.

Far crescere responsabilmente le giovani generazioni renderebbe molto più veloce il processo di cambiamento del nostro paese. Se le cosiddette “Old Gen” sono state troppo lascive e non in grado di abbattere in prima persona i muri della disparità, hanno la possibilità di rimediare crescendo generazioni migliori.

Scarica l’app ufficiale!
Rivedi quando vuoi i nostri #Talk con i protagonisti della lotta alla violenza di genere